Articolo sulla gravità dello spot Unilever-Algida

Ecco quanto apparso sul Blog (Repubblica) di Tomaso Montanari:

Il cornetto Algida, l’università e la pubblicità regresso

 




Siamo un’istituzione corrotta, ma sembra che non ci interessi molto….

Aggiornamento 19 Maggio h:17:40: Il nostro Rettore, Prof. Luigi Dei, informa di aver “attivato” il Presidente della CRUI

Recentemente il cornetto Algida (Unilever) ha realizzato un video promozionale affidandosi ad una canzone Vorrei ma non posto, (colonna sonora ufficiale del nuovo spot). La canzone fra l’altro recita nel ritornello “e ancora un’altra estate arriverà/ e compreremo un altro esame all’università”. Ho fatto presente il mio forte risentimento per una tale frase offensiva per l’Istituzione università e per tutti coloro che vi lavorano. Devo purtroppo dire di aver trovato poco sostegno, anzi in molti casi i commenti di alcuni colleghi mi hanno stupito! In particolare c’è chi dice che offendendosi per questo affronto alla nostra dignità ci rendiamo ridicoli (facendo riferimento alla partecipazione alla VQR). Mah. Ovviamente l’Uffico Stampa del Ministero, l’ANVUR e più ancora la CRUI non si sentono chiamati in causa e, al solito, gravemente  tacciono. Ho quindi protestato personalmente con la multinazionale ed ecco quanto molto velocemente mi hanno risposto:

Egregio Professor Chimici,
La ringraziamo per aver contattato il nostro Servizio e per aver condiviso il Suo pensiero. Ricevere, infatti, i vostri commenti è per noi importante perchè ci aiuta a comprendere il punto di vista dei nostri consumatori.
In merito alla Sua segnalazione, vogliamo sottolineare che Cornetto Algida ha scelto i due artisti che, negli ultimi anni, hanno saputo meglio dialogare con i giovani anche attraverso le piattaforme social, catturandone l’attenzione e interpretandone i linguaggi. Così, al centro del nuovo spot di Cornetto Algida, sulle note  di  “Vorrei ma non posto”, sono protagonisti l’estate e i sentimenti di sempre, ma raccontati all’epoca dei social. La invitiamo ad ascoltare il pezzo nella sua interezza in modo da poter interpretare in maniera corretta il messaggio che viene raccontato: il testo vuole estremizzare e condannare la “deriva” delle abitudini di alcuni giovani di oggi, che non danno il giusto peso a diverse cose importanti della vita.

Cordialmente.
Il Team Algida
Unilever Italia

Ubbidiente ho riascoltato due volte a freddo la canzone in oggetto e devo dire che sono rimasto fermo nella mia impressione iniziale. Vi allego il link invitandovi all’ascolto (altro link) e mi piacerebbe conoscere le vostre impressioni. Poi se la maggioranza di noi ritiene di far parte di una massa di corrotti o corruttibili possiamo anche “fregarcene” come suggerito da una collega. Fra l’altro essendo uno dei primi aderenti al gruppo guidato dal Prof. Carlo Ferraro, oggi Movimento per la difesa della dignità della docenza, ritengo e mi auguro di non essere il solo a sentirsi profondamente offeso.




VQR 2016: La Valutazione delle Qualità dei Rettori

Cosa ci dicono i dati della (seconda) chiusura della VQR? Per l’ANVUR c’è una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che, nonostante proteste e boicottaggio, la VQR si farà. Quella cattiva è che, a causa del naufragio della VQR 2011-2014, si salterà direttamente alla VQR 2016, dove la sigla VQR non ha l’usuale significato di “Valutazione della Qualità della Ricerca”, ma sta per “Valutazione delle Qualità dei Rettori”. Come ogni valutazione che si rispetti, l’analisi sarà basata su indicatori oggettivi (non la qualità delle ricerca, ma i conferimenti della propria università). In base ad essi, ogni rettore verrà classificato in una tra quattro classi di merito: UNO, CNEF, CEM, GAL, sigle che stanno per UNrefusable Offer, ‘Ccà Nisciuno È Fesso, Cornuti E Mazziati, Galantuomini. Ad essere premiate saranno le università guidate da Rettori UNO e CNEF. Mentre saranno punite le università dei Rettori Galantuomini e CEM. Leggi l’articolo e vedi i dati (in fondo)




FFO: -22% Docenti: -17% Personale TA: -18% Immatricolati: -20%. Primavera amara a Firenze

Ecco i documenti relativi alla Primavera delle Università, svoltasi presso l’Università di Firenze, in ritardo a causa del lutto dovuto alla scomparsa delle studentesse italiane nell’incidente automobilistico avvenuto in Spagna.

Qui il video.

Download diretto delle slide: trigilia_slide_intervento4maggio201




Per qualche dollaro in più

El Indio: «Quando finisce la musica, spara! Se ti riesce…»: «… i GEV contano ben poco e danzano al ritmo della musica suonata dal coordinatore della VQR. In sostanza, hanno eseguito gli ordini senza entrare nel merito». I capolavori sono tali perché ci parlano anche al di là delle stesse intenzioni del loro autore. Dopo “Per un pugno di dollari”, è la volta di “Per qualche dollaro in più”: anche il secondo film della “trilogia del dollaro” ci offre un’insolita ma illuminante chiave di lettura per interpretare articoli e dichiarazioni recenti che riguardano l’Università. 

Ecco il sequel (articoli di N. Casagli) di Per un pugno di dollari.

Intertitolo: Dove la vita non aveva valore la morte talvolta aveva il suo prezzo. Ecco perché nacquero i bounty killers.

“L’Italia è scesa all’ultimo posto in Europa per percentuale di laureati, è penultima per spesa per l’università in rapporto al PIL ed anche ultima nell’OCSE per spesa pubblica destinata all’istruzione. Sono traguardi che non si raggiungono in un giorno, ma che sono il frutto di politiche mirate e perseveranti. In questi ultimi anni, la via ci è stata indicata, giorno dopo giorno, da una piccola schiera di editorialisti, giornalisti, economisti, opinionisti, politici e manager. Sono i maître à penser de noantri, di cui offriamo una breve antologia.” (Redazione ROARS, 2014)

El Indio: Adesso, mi odi al punto giusto.

“Le proteste dei portatori di privilegi, come gli ordinari universitari che vogliono gli arretrati. Mentre abbiamo 4 milioni di poveri.” (Mila Spicola, MIUR, Twitter, 2016)

El Indio: Vediamo se di fronte spari meglio che alle spalle!

“Sometimes the antagonist isn’t wielding a gun. In this kind of attack, there is no person or event that can be met head-on with a protest or a strike. There is no explosion, no great conflict, no epic battle. Such is the case with higher education’s silent killer: the slow, incremental creep of audit culture.” (Mark Spooner, Briarpatch Magazine, 2015)

El Indio: Quando finisce la musica, spara! Se ti riesce…

“A seguito della pubblicazione del nostro articolo che segnalava un fatal error nei criteri bibliometrici della VQR, ci ha scritto un collega «indignato per non dire di peggio», il quale avrebbe interpellato uno dei membri GEV della sua area per capire se, prima di approvarli, si erano posti il problema della correttezza dei criteri o se avessero l’intenzione di porselo, quanto meno dopo la lettura dell’articolo di ROARS. La risposta sarebbe stata che i GEV contano ben poco e danzano al ritmo della musica suonata dal coordinatore della VQR. In sostanza, hanno eseguito gli ordini senza entrare nel merito.” (Redazione ROARS, 2016)

Il Profeta: Io non conosco più nessuno! Sono morto io! Sì, un tempo conoscevo tutti, quando qui intorno c’era solo la prateria. Ma adesso avete tutti… fretta! Coi vostri treni maledetti! Treni fottuti! Ciuf! Ciuf! Ciuf! Ciuuuuf! Puh! Schifo!

“Il rischio maggiore è che il treno della valutazione passi, lasciandoci appiedati, privi di nostri strumenti di selezione e ai margini di un mondo con risorse prevedibilmente decrescenti e sempre più assegnate in base a criteri valutativi.” (Andrea Graziosi, ANVUR, Relazione alla Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, 2011)

Il Profeta: Mortimer: un grand’uomo e un gran soldato. Il più formidabile tiratore della Carolina. Gran soldato. Ora si è ridotto a fare il bounty killer come te. Tutta colpa dei treni! Dei stramaledetti treni! Puh!

“Doveva rappresentare la rivoluzione del merito, ma il treno dell’abilitazione scientifica nazionale rischia di deragliare subito, sulla definizione dei parametri per misurare la qualità oggettiva di ogni ricercatore. […]. A risolvere tutti i problemi ci avrebbe pensato la nuova procedura concorsuale prevista dall’ex ministro Gelmini. […] Purtroppo così non è stato e il treno della valutazione gelminiana ha incominciato a correre sui binari di una valutazione tanto facile da proclamare quanto difficile da applicare” (Mario Castagna, L’Unità, 2012)

Il Monco: [osservando la pistola di Mortimer]: Come può fare il nostro mestiere uno che va in giro con una trappola come questa!

“C’é [sic] un paio di licei in Italia che hanno utilizzato questa trappola per topi. I ragazzi costruiscono queste trappole per topi, che sono delle macchine fatte … delle cose fatte con delle trappole per topi, appunto, e che con l’energia cinetica tra … mmh que… queste trappole … chi è in grado di farle meglio le fa andare più avanti. Si divertono, costruiscono queste cose e imparano.” (Roger Abravanel, Fahrenheit, 2015)

El Indio: Non nella cassaforte Groggy! Qui dentro, c’è mezzo milione di dollari.

“A decorrere dall’anno 2016, al fine di consentire un’adeguata programmazione delle attività dell’ANVUR, le risorse iscritte per il finanziamento dell’Agenzia […] sono incrementate fino al raggiungimento del limite di spesa di cui al medesimo comma 142. Al relativo onere, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione di 1,5 milioni del Fondo per il finanziamento ordinario delle università […] e mediante corrispondente riduzione di 1,5 milioni del Fondo ordinario per gli enti di ricerca […]. Le eventuali ulteriori risorse assegnate dal Ministero all’Agenzia a valere sui predetti fondi per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali di valutazione non possono superare il limite di 500 mila euro.” (Bozza Legge di Stabilità, 2016)

Il Monco: Quando devo sparare, la sera prima vado a letto presto.

Il sonno della ragione genera anamorfosi bibliometriche.” (Redazione ROARS & Giuseppe De Nicolao, 2016)

El Indio: Quei due piuttosto che averli alle spalle è meglio averli di fronte, in posizione orizzontale, possibilmente freddi.

“Tutto questo […] è il diretto prodotto di una scelta politica fortissima di «compressione selettiva e cumulativa» dell’università italiana. Una scelta inaugurata da Tremonti-Gelmini, ma poi sorprendentemente continuata, con lo stesso identico indirizzo, dai governi successivi, e in particolare dal governo in carica.” (Gianfranco Viesti, Il Mulino, 2015)

El Indio: Non avresti dovuto sparare a quelle mele.

“Caro Presidente Renzi, la frase «l’Università fa schifo» da Lei utilizzata nel corso di una trasmissione televisiva suona offensiva per i docenti e il personale universitario che giorno dopo giorno svolge il proprio lavoro tra mille difficoltà. […]. Ci domandiamo preoccupati perché, quando si parla di Università, assieme alle mele marce non si ricorda che i nostri docenti, per la maggior parte, sono apprezzati e valorizzati anche all’estero come dimostra l’indagine che pone l’Università italiana all’ottavo posto nel mondo. (Vincenzo Vecchio, Presidente CNU, 2015)

Colonnello Douglas Mortimer: Le domande non sono mai indiscrete, le risposte lo sono… a volte.

“Le contestazioni a IIT-Human Technopole sono frutto di ignoranza.” (Roberto Cingolani, La Stampa, 2015). Le 10 domande della Redazione ROARS sull’IIT.

El Indio: Quando la musica finisce, raccogli la pistola e cerca di sparare.

“A chi non raggiunge risultati sul profilo della ricerca e delle pubblicazioni, per dirla brutalmente, taglierò i soldi. Una cosa che non ha mai fatto mai nessuno. Gli strumenti normativi già esistono, ma finora non c’è stata la volontà politica di usarli.” (Stefania Giannini, Ministro, L’Espresso, 2014)

Il Monco: Indio, tu il gioco lo conosci.

“Se le regole del gioco sono state corrette ad ogni lustro, i risultati sono sempre uguali: proteste, ricorsi al Tar, giudizi discutibili. Ricordo, però, che l’etica individuale e la correttezza comportamentale non si possono imporre per decreto: c’è un mondo universitario, da cui io provengo, che si deve interrogare nel profondo, in modo da evitare continui scandali e fare reclutamenti all’altezza” (Stefania Giannini, Ministro, L’Espresso, 2014)

Colonnello Mortimer: Che succede ragazzo?
Il Monco: Niente vecchio, non mi tornavano i conti.

“La classifica del Sole 24 Ore: Macerata e Salerno al top per la ricerca … o no?. Se il Sole 24 Ore pubblica la sua Classifica delle Migliori Università Italiane è naturale andare a vedere chi vince e chi perde. E c’è una sorpresa proprio per quanto riguarda l’indicatore più ambito, ovvero la qualità della ricerca scientifica. […] Ma quali indicatori ha usato il Sole 24 Ore per sconvolgere le gerarchie costituite? Stando a quanto dichiarato, ha fatto «tesoro delle valutazioni realizzate dall’ANVUR». Ma se andiamo a verificare sui dati VQR forniti dall’ANVUR, i conti non tornano.” (Redazione ROARS, 2014)




UniSalerno: «priva di qualunque fondamento» la classifica VQR del Sole 24 Ore

Nella lettera aperta al Rettore di un gruppo di docenti dell’Università di Salerno si esprime il “malessere” per il “comportamento ambiguo” del Rettore nella gestione della protesta #stopvqr: “la nostra Università oggi si vanta di aver raggiunto una percentuale pari al 97.4% di pubblicazioni conferite e di aver di fatto soffocato l’astensione di un gruppo di Docenti”. I docenti sottolineano che “la classifica stilata dal [Sole24Ore] è priva di qualunque fondamento in quanto equipara la “produttività” degli Atenei alla percentuale di conferimento, il quale è stato pesantemente condizionato dal ricorso al conferimento d’ufficio in alcuni Atenei”.

Leggi il resto dell’articolo




Human Technopole: un progetto improvvisato da ripensare. Gli interventi di Elena Cattaneo e Giorgio Napolitano

La Senatrice a vita Cattaneo ha presentato oggi un ordine del giorno al Senato sul progetto Human Technopole che ha definito  “un progetto nato in modo improvvisato come non avviene in nessun Paese, che l’Esecutivo ha affidato a un ente, l’Istituto italiano di tecnologia, scelto arbitrariamente come perno dell’operazione senza competizione pubblica” e ha chiamato il  governo chiarire le procedure e la opacità dell’operazione e dell’Istituto Italiano di Tecnologia cui “senza alcun bando pubblico, sono già stati destinati per legge 80 milioni di euro senza controllo e senza un fine chiaro”. L’ex Presidente Giorgio Napolitano ha anche criticato il progetto dicendo che “dal governo decisioni discutibili. Non posso immaginare che non ci sia disponibilità a ripensarle” invitando il governo aa “ripensare a decisioni frettolose che sono largamente discutibili sul piano del metodo e su quello degli interessi generali della ricerca scientifica e dunque del futuro del nostro Paese”. Di seguito il resoconto stenografico della seduta della mattina dell 11 maggio 2016.

SENATO DELLA REPUBBLICA

Dal resoconto stenografico della seduta di mercoledì 11 maggio 2016

Discussione del disegno di legge (2299)

Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca

Intervento Sen.ce Elena Cattaneo

Signor Presidente, gentile rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, intervengo sul disegno di legge n. 2299, inteso a migliorare la funzionalità del sistema scolastico e della ricerca, che con l’articolo 2 stabilizza e riconosce la Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute.

Soprattutto questo disegno di legge tratta della programmazione e della funzionalità della ricerca e in questa discussione generale vorrei perciò soffermarmi sull’improvvisazione della vicenda dello Human Tecnopole, su cui ho presentato un apposito ordine del giorno (il G2.1), vicenda che è stata oggetto anche delle riflessioni di alcuni senatori, in 7a Commissione e anche in Aula stamattina, e tra loro voglio ricordare i senatori Tocci e Bocchino. Tale vicenda è esemplare delle criticità delle procedure che governano la ricerca in Italia e della possibilità – se lo volessimo e ci impegnassimo a farlo – di muovere passi da gigante proprio per migliorare la funzionalità del delicato ecosistema della ricerca pubblica di cui si parla nel disegno di legge.

Per parlare del Tecnopolo, vorrei prima partire dal vincolo etico che lega ogni studioso di ogni disciplina ai cittadini che con le loro tasse sostengono quegli studi, vincolo che implica per lo studioso l’impegno a essere onesto, cioè a riportare e rispettare le prove, ad essere trasparente e a mettere in atto ogni comportamento affinché ogni idea razionale possa essere liberamente messa a confronto con ogni altra, nel pieno diritto ad essere valutata. È attraverso questo meccanismo, che implica libertà e uguaglianza delle idee per l’accesso alle risorse pubbliche su base competitiva, che si restituirà al cittadino la miglior proposta sostenibile con i fondi pubblici. Di scorciatoie non ne esistono. È un metodo questo che nulla ha a che fare con le necessità e con le contingenze o convenienze politiche, ma che orienta ogni decisione e valutazione sulla selezione delle idee migliori e sul controllo dei fatti. Adottare queste regole significa rispettare la struttura etica della scienza e rispettare l’impegno verso i cittadini. Questo è quel che si chiede alle comunità scientifiche nei Paesi liberi, democratici ed economicamente avanzati.

La stessa richiesta rivolgo a noi, come decisori politici, e al Governo. La mia richiesta è che si tuteli lo spazio di libertà delle idee di tutti, dei giovani e dei meno giovani, piccole o grandi che siano, messe in competizione tra loro, perché le idee più belle possano tradursi in un miglior futuro per tutti.

Nel nostro Paese abbiamo molti problemi irrisolti sul fronte ricerca. Il finanziamento pubblico alla ricerca e ancora di più alla ricerca di base che studia in piena dignità per capire e consegnare conoscenza a tutti noi, è irrisorio, discontinuo, frammentato, spesso inaffidabile. Succede anche che gli stessi obiettivi di ricerca siano distribuiti su più erogatori pubblici.

Succede che ai bandi Prin del MIUR non possono accedere direttamente gli studiosi del CNR, ai bandi del Ministero della salute non possono applicare gli studiosi universitari (i bandi del CNR sono per il solo CNR e così via), e succede che spesso gli obiettivi siano gli stessi. Dovremmo rimuovere questa frammentazione, unificare gli obiettivi e avere, al contempo, una garanzia di valutazione di ciò che viene finanziato con soldi pubblici.

Ammetto che non riesco più ad ascoltare giovani e meno giovani dirmi che se non si è parte del potentato amicale giusto – intendo di scienziati e studiosi – non si avrà il finanziamento pubblico; che se si denunciano le anomalie si verrà esclusi per gli anni a venire; che se si tace, si avrà una piccola parte, garantendola più cospicua ad altri. È anche da queste modalità corruttive del metodo della scienza, oltre che dell’etica pubblica, che gli studiosi scappano. C’è un modo per superare queste distorsioni. Basterebbe guardare ai Paesi che ci stanno accanto in Europa e dar vita a un’Agenzia nazionale per la ricerca, mutuando i modelli già esistenti in Spagna, Francia, e magari, con sistemi più complessi ed efficaci, in Germania e Gran Bretagna, adattandoli alle peculiarità dell’Italia.

Gentili colleghi, la ricerca pubblica in tutte le discipline del sapere ha bisogno di cinque componenti: di continuità dei bandi presso i quali competere, perché un’idea che cresce non funziona ad intermittenza; di procedure affidabili e granitiche, unificate nel metodo e diversificate in funzione degli obiettivi; di valutazioni terze, indipendenti, competenti; di controlli ferrei ad ogni passaggio; di rendiconti certi e verificabili su cosa viene finanziato e su cosa si è generato. L’Agenzia nazionale per la ricerca deve essere questo.

Progettare un simile ente potrebbe non comportare grosse spese per lo Stato. Si potrebbe pensare a reindirizzare finanze e risorse umane frammentate tra i vari enti governativi, per concentrare in un’unica struttura funzioni duplicate in diversi uffici. Inoltre, si potrebbero ridurre o sospendere per qualche anno i flussi dei finanziamenti pubblici a enti poco efficienti oppure a quelli che hanno già accumulato un tesoretto di denaro pubblico, ora accantonato.

L’Agenzia nazionale per la ricerca nascerebbe come distinta dalla politica, cui spetta la decisione degli obiettivi da perseguire e delle risorse da assegnare ma che non può scegliere discrezionalmente chi finanziare. Necessariamente l’Agenzia per la ricerca deve essere ben distinta dalla comunità degli studiosi, che poi eseguiranno le ricerche.

Penso all’Agenzia come ad una casa di cristallo e come ad un passo in avanti per vederci ancora più chiaro circa le norme sulla gestione dei fondi pubblici in Italia in un settore dove i risultati sono ben monitorabili. Le sue funzioni devono includere l’allestimento di ogni sensibile procedura per garantire al cittadino che i suoi soldi siano ben spesi, ripristinando fiducia nelle istituzioni.

La costruzione di una simile agenzia nel nostro Paese si rende anche più urgente oggi, in vista della realizzazione del progetto Human Technopole, il polo tecnologico dedicato alle scienze della vita e alla nutrizione che il Governo ha annunciato di voler creare nell’area dell’Expo, impegnandosi a garantire 1,5 miliardi di euro in dieci anni. Un progetto nato in modo improvvisato come non avviene in nessun Paese, che l’Esecutivo ha affidato a un ente, l’Istituto italiano di tecnologia, scelto arbitrariamente come perno dell’operazione senza competizione pubblica, quindi operando scelte discrezionali contro ogni logica di massimizzazione dell’investimento pubblico e contro il metodo della scienza. Si tratta di un ente al quale, senza alcun bando pubblico, sono già stati destinati per legge 80 milioni di euro senza controllo e senza un fine chiaro.

Ecco che, nel tentativo di dare risposte agli interrogativi emersi dopo l’annuncio del Governo, ho condotto un’analisi basandomi su dati pubblici e i cui primi risultati sono stati raccolti in un documento di studio di circa 50 pagine per il Parlamento e i cittadini che la scorsa settimana ho depositato qui in Aula, anche in vista dei prossimi passaggi parlamentari.

Lascio a voi l’eventuale approfondimento di quel documento, ma vorrei qui riassumere quattro conclusioni a cui sono giunta e che dimostrano come la dinamica della vicenda Human Technopole sia paradigmatica di come la ricerca pubblica non debba essere promossa.

La prima conclusione si basa sulle esperienze storiche e sulle analisi politico-economiche, che dimostrano che è un errore stabilire per legge quale idea e progetto scientifico sostenere. Sul Tecnopolo milanese sono sbagliate le premesse, perché nella scienza, come nel settore degli appalti pubblici, ogni assegnazione di fondi pubblici non può prescindere da una competizione per sostenere le migliori proposte ed enti proponenti.

Come seconda conclusione, nel documento si evidenzia come le stesse esperienze e analisi dimostrano che la concentrazione continuativa e non competitiva di denaro pubblico per la ricerca in poche mani è inefficace.

In terzo luogo, chi riceve denaro pubblico deve rendicontare pubblicamente. L’assegnazione continuativa di ingenti somme di denaro pubblico a modelli organizzativi di centri di ricerca come l’Istituto Italiano di Tecnologia (fondazione di diritto privato largamente finanziata con fondi statali), che si sottraggono alle rendicontazioni pubbliche e all’amministrazione trasparente, non rispetta l’obbligo etico di fornire prove adeguate della ricaduta dell’investimento e, a mio avviso, non è il modello di governance da implementare nel Tecnopolo milanese.

Infine, l’ente beneficiario scelto come coordinatore del Tecnopolo non ha le competenze specifiche negli ambiti indicati dal Governo come contenuti per il centro di ricerca, scienze della vita e nutrizione. Ciò ha portato l’ente a reclutare altrettanto arbitrariamente, quindi in modo discriminatorio, tematiche, enti e studiosi.

È su queste basi che ho presentato l’ordine del giorno che – mi rendo conto – in caso di apposizione della fiducia non potrà essere discusso, ma sul quale auspico comunque che il Governo voglia esprimersi. Vorrei invitare l’Esecutivo a ripensare le strategie per la realizzazione del progetto Human Technopole e, soprattutto, ad adottare ogni atto necessario e opportuno per realizzare un percorso trasparente e scientificamente e culturalmente partecipato e competitivo sull’esempio di esperienze all’estero, valide e di successo. Esistono esempi, su cui mi soffermo nel documento consegnato.

Credo che ripensare la strategia su Human Technopole e farlo a valle della realizzazione di un’agenzia nazionale per la ricerca sarebbe davvero un cambio di passo e un segno dell’impegno del Governo a voler lavorare nell’ottica di una più completa e funzionale riforma del sistema di finanziamento della ricerca in Italia. (Applausi dai Gruppi Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE, PD e Misto).

Intervento Sen. Giorgio Napolitano

NAPOLITANO (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Presidente, in alcuni degli interventi che mi hanno preceduto – in modo particolare, nell’intervento di particolare impegno e autorevolezza della senatrice Cattaneo – stato sollevate questioni di grande importanza relative alla politica della ricerca scientifica.

Si tratta di questioni di interesse vitale per il mondo stesso della ricerca, degli scienziati e dei ricercatori: un mondo in larga parte giovane e chiamato a svolgere un ruolo rilevantissimo per il futuro del nostro Paese, oltre che, in generale, per il futuro della scienza.

Naturalmente mi rendo ben conto che il provvedimento di cui stiamo discutendo tocca solo tangenzialmente questa materia, attraverso l’articolo citato anche dalla senatrice Cattaneo, su cui si è soffermato il senatore Tocci, relativo alla stabilizzazione della Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute. Tuttavia, non è su ciò che desidero soffermarmi.

Capisco che, per le questioni specifiche e generali sollevate, ad esempio, dalla senatrice Cattaneo nel suo ordine del giorno, si possa dire che non è questa la sede più idonea. Ma la verità, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, è che non ci sono state altre sedi per informazioni e chiarimenti che avrebbero dovuto essere offerti al Parlamento.

Qui, in modo particolare, si tocca il problema del progetto Human Technopole, destinato a realizzarsi nell’area ex Expo. Si tratta di un progetto cui bisogna guardare positivamente sapendo che può rappresentare qualcosa di serio e significativo per lo sviluppo ulteriore della ricerca, in modo particolare in quei campi che sono stati designati quasi come tema dell’esposizione universale realizzatasi a Milano. Noi abbiamo avuto una decisione di Governo e un annuncio nello scorso novembre attraverso la presentazione di un decreto-legge, poi convertito in legge dietro votazione della questione di fiducia in Parlamento o, almeno, al Senato, con cui sono stati stanziati 80 milioni per la presentazione di un progetto per la struttura Human Technopole da realizzare in quella area da parte dell’Istituto italiano di tecnologia, sentite le tre università milanesi. Questo, dunque, è avvenuto lo scorso novembre. Poi è accaduto che, aprendosi la discussione fuori dal Parlamento – in Parlamento non se né mai potuto discutere -, sono stati fatti molti rilievi polemici, cui ha risposto lo stesso Istituto italiano di tecnologia con un suo comunicato ufficiale il 27 marzo scorso. In quel comunicato si dava notizia di aver già presentato ai Ministri competenti la proposta di progetto in data 25 febbraio. Oggi siamo a metà maggio o quasi e i seguiti di quella decisione e annuncio non sono mai stati chiariti. Non c’è stata alcuna informazione. In quello stesso comunicato che ho appena citato si dice che sarà consultato o che è in via di consultazione o, addirittura, che una consultazione c’è già stata ed è terminata – ma non se ne sa nulla – con un panel internazionale, la cui composizione non è non mai stata resa nota, né tanto meno è stato reso noto se già sono state prodotte le osservazioni di questo panel internazionale. Poi, in quel comunicato, si dice tranquillamente che spetterà al Governo decidere con il Parlamento innanzitutto se finanziare questo progetto. L’annuncio, quindi, fatto non solo per l’immediata erogazione di 80 milioni – si tratta di un progetto piuttosto caro – ma anche per l’attribuzione di nientemeno che 1,5 miliardi nel corso di dieci anni evidentemente è fragile se l’Istituto italiano di tecnologia, protagonista di questa vicenda, dice che spetterà al Governo decidere se finanziare questo progetto, quanto finanziare e, infine, in che modo gestirlo.

Non ho bisogno di sottolineare come siano indispensabili e urgenti ormai delle risposte. Non ne vorremmo dopo che si siano realizzati altri fatti compiuti. Servono risposte tempestive su tutti questi anelli mancanti della vicenda e tenendo conto delle questioni più generali, al di là di queste relativamente specifiche. Badate che il progetto è di per sé rilevante. Comunque, le questioni generali poste dalla senatrice Cattaneo e da altri colleghi riguardano la strutturazione, l’articolazione e la gestione della politica della ricerca scientifica, che sono inerenti il metodo e la competenza e la trasparenza e la moralità. Per moralità si intende, oltre che principi etici a cui ispirarsi in questo e in ogni altro campo augurabilmente, garanzia dell’uso corretto e produttivo – naturalmente verificabile – delle risorse pubbliche che vengono destinate alla ricerca scientifica, seguendo procedure che non sono da inventare, ma da mutuare largamente da esperienze internazionali note a quanto si occupano dei problemi della ricerca scientifica.

Io credo che bisogna dare soddisfazione ai problemi posti dalla senatrice Cattaneo nel suo ordine del giorno, nonostante la posizione della questione di fiducia sulla conversione di questo decreto.

Non è oramai un segreto, ma qualcosa di già noto a tutti, che sta per essere posta la fiducia.

L’ordine del giorno non sarà quindi votato, ma io mi aspetto, onorevole rappresentante del Governo, che nella sua replica si dicano cose precise, si prendano degli impegni chiari, sia a fornire tutte le informazioni che sono mancate, sia a mostrare una disponibilità, che io non posso immaginare non vi sia da parte del Governo, a ripensare a decisioni frettolose che sono largamente discutibili sul piano del metodo e su quello degli interessi generali della ricerca scientifica e dunque del futuro del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti del senatore Airola).

Intervento Sen. Walter TOCCI

TOCCI (PD). Signor Presidente, prendo la parola per esprimere tutto il mio apprezzamento per l’istituzione della scuola di dottorato Gran Sasso Science Institute.

Di questi tempi è una buona notizia la istituzione di una nuova università in Italia, sia pure nella forma di scuole speciali come la Scuola internazionale superiore di studi avanzati (SISSA) di Trieste o la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. Sarà certamente una istituzione meritevole, a promuoverla sono i bravissimi scienziati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, uno dei più prestigiosi tra gli enti di ricerca italiani. L’iniziativa si insedia nella generosa terra d’Abruzzo, vicino alla bella città di L’Aquila, contribuendo alla sua rinascita mediante la leva più efficace, che è l’investimento in conoscenza.

Non posso però tacere le anomalie di metodo del provvedimento in esame. È curiosa l’istituzione per decreto-legge di una nuova università: è un’urgenza che deriva da una inadempienza ministeriale. Al Ministero sapevano bene che stavano per scadere i finanziamenti della sperimentazione; c’erano gli strumenti di programmazione adatti per prendere questa decisione per tempo con procedure ordinarie. In secondo luogo si finanzia una nuova università togliendo i soldi alle altre università e agli enti di ricerca: un altro taglio, oggi piccolo, ma che domani potrebbe crescere. È incredibile che la Commissione bilancio e il Ministero non abbiano fatto proiezioni nel tempo, prevedendo gli oneri di finanza pubblica del provvedimento in esame. Per evitare l’ennesimo taglio ho presentato l’emendamento 3.4 che finanzia la nuova università aquilana prendendo i soldi dal fondo dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT), che abbonda di risorse fino al punto che non riesce a spendere i finanziamenti che riceve e tiene in banca circa 400 milioni di euro, come ha ammesso il direttore Cingolani e come ha dimostrato il dossier della senatrice Elena Cattaneo, allegato agli atti di questa seduta. Eppure il Ministero dell’economia ha espresso parere contrario sul mio emendamento, un parere sconcertante: ex articolo 81 della Costituzione, il Ministero dell’economia e delle finanze dovrebbe attenersi solo a considerazioni sulla capienza dei capitoli, senza entrare nel merito delle politiche o – peggio ancora – privilegiare le sue preferenze o le sue amicizie. L’IIT, infatti, è notoriamente il cocco di casa a via 20 settembre: per tanti anni il direttore del Ministero è stato anche Presidente dell’istituto, in pieno conflitto di interessi. La stessa discrezionalità ha portato all’affidamento del progetto Human Technopole, finanziato con 80 milioni iniziali, ma si prevede di arrivare a 1,5 miliardi; viene giustificato come una decisione top-down, ma non c’è alcuna ragione scientifica per non sottoporla a un confronto trasparente secondo le migliori esperienze internazionali. Ho sottoscritto l’ordine del giorno G2.1 della senatrice Cattaneo che spiega come fare, lascio a lei l’onore di illustrarlo.

Non c’è quindi nessuna giustificazione nell’assegnazione in esclusiva per legge a un solo soggetto del finanziamento, tanto meno nel caso dell’IIT che, svolgendo insieme attività di ricerca in proprio, non ha l’indipendenza necessaria per erogare finanziamenti ad altri: non può essere contemporaneamente un laboratorio e un’agenzia; non può essere giocatore e arbitro. Proprio con questo argomento alla fine degli anni Novanta si tolse al Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) il potere di assegnare finanziamenti ad altri soggetti perché già faceva ricerca nei suoi istituti. Allora si riteneva sbagliata la commistione di ruoli che oggi invece si ripropone in un soggetto privato che viene delegato completamente al salotto della finanza.

Fu Tremonti a cancellare lo stanziamento per i fondi dei progetti di ricerca e a potenziare l’IIT. Aggiunse anche una regalia economica e simbolica di ciò che resta del patrimonio IRI dopo le privatizzazioni. Viene spontaneo un confronto fra le due fasi storiche: l’IIT ha preso dell’IRI tutti i vizi e nessuna virtù, ha rilanciato i vecchi vizi dei boiardi di Stato, che si dichiaravano soggetti pubblici quando ricevevano commesse senza gare, ma si comportavano da privati quando erogavano finanziamenti in cambio del consenso.

Non ha rinnovato però la virtù che fu dell’IRI nella promozione dell’impresa di alta tecnologia, nonostante proprio questo fosse l’obiettivo definito nella legge istitutiva n. 326 del 2003. Si è già speso oltre un miliardo di euro per la ricerca nella robotica umanoide, ma non è nata alcuna filiera produttiva capace di utilizzare quei risultati scientifici. Eppure, come dicevo, la gestione della Fondazione è stata delegata a esponenti del salotto della finanza e dell’impresa, che evidentemente si pavoneggiano con i soldi pubblici senza rischiare in proprio.

Dopo un lungo ciclo siamo, quindi, tornati al punto di partenza, ma con minore libertà per la scienza. Come si è detto, la sovrapposizione dei ruoli tra Agenzia e laboratorio fu eliminata in un ente pubblico come il CNR e oggi viene, però, ricostituita in una Fondazione gestita dal salotto finanziario, senza trasparenza nelle procedure di assegnazione e senza garanzie per la comunità scientifica. È paradossale che, nelle sue prime dichiarazioni, il neo Presidente del CNR accetti questo sistema e si limiti a chiedere la sua parte: «ci sarà una cabina di regia e noi parteciperemo», dichiara al «Corriere della Sera» l’8 marzo 2016, con una sudditanza che non sarebbe neppure immaginabile nel Max Planck tedesco o nel CNRS francese. C’è da augurarsi che il CNR ritrovi in futuro l’orgoglio della principale istituzione della ricerca italiana.

La ricerca libera, quindi, è molto indebolita nel nostro Paese. Le risorse sono assegnate dal principe ai conti e ai vassalli, che le distribuiscono ai sudditi. È quasi scomparso il fondo FIRB, che finanziava negli enti i progetti dei ricercatori. Per ottenere risorse essi devono sperare solo nelle trattative tra i presidenti degli enti e i funzionari ministeriali, che gestiscono le procedure di finanziamento chiamate ipocritamente «premiali», ma di fatto discrezionali. Le decisioni si spostano dai laboratori ai palazzi.

Le cifre parlano chiaro. Il finanziamento in corso dei bandi di ricerca per tutti gli atenei e per l’insieme delle discipline accademiche è ridotto a 30 milioni di euro l’anno. Ma non si dica più che il debito non consente di fare meglio, perché i soldi ci sono quando si tratta di evitare i bandi: sei volte tanto (oltre 180 milioni di euro) sono assegnati a un solo ente, appunto la Fondazione IIT, che poi distribuisce finanziamenti agli atenei e ottiene, in cambio, la firma delle pubblicazioni scientifiche, migliorando immeritatamente il suo ranking.

Per consolidare questo sistema i governi hanno sempre impedito, negli ultimi anni, la costituzione di una moderna Agenzia della ricerca, nonostante le proposte venute dalla comunità scientifica e gli indirizzi approvati dal Parlamento. Ricordo, a tale proposito, la risoluzione della Commissione 7a. L’Agenzia consentirebbe un libero confronto di idee e di progetti, entro una ben definita politica nazionale ed europea; avrebbe il compito di diffondere i bandi per i progetti, di eliminare i conflitti di interesse e di coinvolgere le migliori risorse nell’attuazione degli obiettivi strategici.

La libertà della ricerca non è un ostacolo, anzi è l’unica via per realizzare grandi imprese scientifiche e tecnologiche. Che cosa impedisce, allora, l’istituzione dell’Agenzia della ricerca? È sotto gli occhi di tutti che l’ostacolo è la resistenza del Ministero competente, che non accetta una riduzione dei suoi poteri. Poteri che, però, esercita molto male, come dimostra proprio questo decreto-legge. È sotto gli occhi di tutti: problemi come la manutenzione delle scuole, che dovrebbero essere risolti in via ordinaria, con la buona amministrazione, vengono portati in Parlamento per ottenere il sigillo della legge a provvedimenti emergenziali; oppure la correzione della legge n. 107 che solo un anno fa fu approvata in questa sede, evidentemente con una certa disattenzione, se oggi bisogna tornare a correggerla; oppure, come dicevo prima, l’istituzione, addirittura per decreto, di una nuova università, senza ricorrere a provvedimenti ordinari e di programmazione.

È necessaria – come dimostra anche questo decreto – una profonda riorganizzazione del Ministero, affinché la struttura si concentri sulla politica dell’istruzione e rinunci alle competenze nella politica della ricerca, che invece possono essere utilmente affidate ad una moderna Agenzia, guidata da prestigiosi scienziati, scegliendo il modello delle migliori esperienze internazionali. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Bocchino e Buemi).




VQR: scateniamo 2, 10, 70 inferni … con Doodle

I docenti di Parma hanno raccolto 300 firme chiedendo le dimissioni del direttivo ANVUR. Adesso rilanciano, chiedendo ai  colleghi delle altre sedi di raccogliere le adesioni dei propri docenti.  300×70 adesioni.  Leggi il resto dell’articolo

Riporto la lettera di Salmeri e Semplici:

Cari amici e colleghi,
la “campagna” della VQR 2011-2014 è arrivata al suo momento decisivo: la valutazione dei “prodotti” presentati dalla singole strutture. Le 1.315 firme che abbiamo raccolto sono un dato confortante, ma evidentemente inadeguato rispetto all’obiettivo di fermare “questa” VQR. Anche se abbiamo intercettato interessanti segnali che lasciano supporre, almeno in alcune aree, una difficoltà nell’arruolamento dei revisori, non abbiamo motivo di dubitare, a questo punto, che le classifiche che il Ministero e l’ANVUR vogliono con tanta determinazione saranno infine stilate. Chiediamo per questo, a chiunque sia disponibile a farlo, un ultimo sforzo, che è quello di scrivere a tutti i componenti dei rispettivi GEV, inviando il link al testo e ricordando il numero delle firme raccolte. Naturalmente con le parole che ognuno giudicherà appropriate. Ogni ulteriore impegno per ampliare il consenso alla nostra posizione e ridurre così il numero dei “revisori” è ugualmente importante. Noi abbiamo già scritto, a titolo personale, a tutti i coordinatori e ai componenti del GEV 11a la lettera allegata. Vi ringraziamo per quanto è stato e potrà ancora essere fatto e vi salutiamo cordialmente,

Giovanni Salmeri, Stefano Semplici
Allegato:
Lettera inviata ai coordinatori e componenti del GEV 11a

Gentili Colleghi,
la “campagna” della VQR 2011-2014 prevede per i prossimi mesi la vera e propria valutazione dei “prodotti” presentati dalle singole strutture. Come forse sapete, 1315 colleghi hanno firmato un documento con il quale si impegnano a non collaborare alla campagna come revisori e chiedono le dimissioni di tutti i componenti dei GEV (http://firmiamo.org/stopvqr/). Si tratta di una piccola minoranza e, pur considerando gli interessanti segnali che lasciano supporre, almeno in alcune aree, una difficoltà nell’arruolamento dei revisori, non abbiamo motivo di dubitare che le classifiche tanto attese saranno stilate e che il decisore politico potrà continuare ad utilizzarle per “premiare” i più “meritevoli”. Alcuni fatti, tuttavia, non possono essere cancellati. Le modalità utilizzate in numerosi casi per il conferimento dei prodotti sono da molti considerate discutibili, i limiti “tecnici” dell’intera procedura sono stati più volte sottolineati e le diverse forme di protesta hanno comunque scavato solchi profondi nella credibilità della “campagna”, costringendo fra l’altro l’ANVUR ad una riapertura dei termini alla quale università e rettori hanno reagito in modo molto diverso, aumentando ulteriormente la confusione. Il disagio non è rientrato, come dimostra la lettera con la quale 301 colleghi dell’Università di Parma hanno chiesto le dimissioni dei membri del Consiglio Direttivo dell’ANVUR. E l’orizzonte tutto “politico” nel quale si inserisce la pratica della valutazione, per gli esiti che essa inevitabilmente determina, è stato indicato con grande lucidità e onestà intellettuale da Daniele Checchi nel suo intervento del 29 aprile alla Casa della Cultura di Milano, in occasione della presentazione del volume curato da Gianfranco Viesti sul declino dell’università italiana. Più corsi professionalizzanti e meno corsi di giurisprudenza al Sud? Più beni culturali e meno medicina? È con domande come queste che dobbiamo ormai confrontarci, una volta condivisa con Checchi la consapevolezza che le università di questa parte del paese non si possono risollevare da sole (citiamo dalla slide della presentazione riproposta sul sito di Roars).
Sentiamo il dovere, naturalmente a titolo esclusivamente personale, di dirvi che rispettiamo la vostra convinzione che portare fino in fondo “questa” valutazione sia il modo più efficace per promuovere lo sviluppo del nostro sistema universitario e della ricerca o debba essere comunque considerato il “male minore”, ma riteniamo che quella che vi assumete non possa essere considerata, di fronte all’evidenza delle conseguenze che si stanno determinando, una responsabilità semplicemente tecnica. E ci sembra anche giusto ricordarvi che ci sono colleghi che, amando l’università e la ricerca quanto le amate voi, esprimono un giudizio molto diverso su quanto sta accadendo. Non solo per una questione di stipendi e di risorse, ma per un più profondo dissenso sulla natura della nostra “missione” e sull’opportunità di passare in modo così drastico dal linguaggio e dalle pratiche di una “comunità” a quelli di un campionato dove ciò che conta di più è stare davanti agli altri e non aiutare tutti a fare bene. La posta in gioco è troppo grande e non possiamo che scegliere la strada della sincerità con i colleghi che hanno scelto di collaborare alla VQR 2011-2014 e di farlo con un ruolo così importante. Per questo vi abbiamo chiesto e vi chiediamo un passo indietro. Siamo ovviamente i primi a sperare di avere torto e, con questo spirito, vi salutiamo cordialmente,

Giovanni Salmeri, Stefano Semplici




Decreti su FFO e Programmazione

«A partire dal 2017 il 20% della quota premiale dell’FFO verrà ripartita sulla base di indicatori individuati dalle stesse università, da scegliere in un paniere proposto dal Ministero che include indicatori per la ricerca, la didattica e l’internazionalizzazione. A ciascun ateneo sarà richiesto, entro la fine del 2016, di identificare i propri indicatori. Gli atenei saranno poi misurati sia sui risultati acquisiti in ciascun ambito strategico, sia sui miglioramenti ottenuti con cadenza annuale». Questa è una delle principali novità annunciate dal comunicato MIUR relativo a FFO 2016 e programmazione universitaria per il prossimo triennio. Numerose le novità rispetto agli scorsi anni. Ecco il comunicato del MIUR:

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Comunicato stampa MIUR cs070516

Roma, 7 maggio 2016

Università, al via l’iter di assegnazione del Fondo 2016 da 6,9 mld Quota premiale: dal 2017 gli atenei potranno ‘scommettere’ sui loro punti di forza

Giannini: “Programma Nazionale Ricerca muove primi passi: fondi per incentivare il numero dei ricercatori e la loro mobilità”

Al via l’iter per l’assegnazione alle università statali del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) 2016 da 6,9 miliardi. Il decreto con i criteri di ripartizione è stato inviato alla Conferenza dei Rettori (CRUI), al Consiglio Universitario Nazionale (CUN), al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU) e all’Agenzia di valutazione del sistema universitario (ANVUR) per il previsto parere.

Insieme al decreto sul Fondo 2016 il Ministro Stefania Giannini ha inviato per i pareri di rito anche la nuova Programmazione triennale del sistema universitario – con le linee di indirizzo per il triennio 2016-2018 – che contiene tre importanti novità. La prima. Dal 2017 il 20% della quota premiale del Fondo per le università sarà ripartito in base a indicatori scelti dagli stessi atenei tra quelli forniti dal Miur, in modo che ciascuno di essi possa scommettere sulle proprie strategie di sviluppo.

La seconda. Nel decreto sulla Programmazione triennale si rafforzano e si semplificano le possibilità di reclutamento dei vincitori di programmi ERC, che potranno essere chiamati dalle università sia come ricercatori che come professori universitari. La terza. Agli atenei viene concessa finalmente una maggiore flessibilità nella costruzione dei percorsi di laurea, dando loro la possibilità di rendere i corsi più innovativi e vicini al mondo del lavoro.

“La valorizzazione dell’autonomia degli atenei, la maggiore flessibilità e la semplificazione della progettazione didattica, gli incentivi per la mobilità del personale e la promozione della ricerca sono al centro del piano di sviluppo delle università per il prossimo triennio. Piano che recepisce immediatamente, così come il decreto di ripartizione dei fondi statali agli atenei, gli obiettivi e le strategie del Programma Nazionale per la Ricerca che abbiamo presentato lunedì scorso”, sottolinea il Ministro Stefania Giannini. “Stiamo dando al sistema accademico strumenti innovativi per essere più competitivo e per rispondere meglio alle esigenze di chi studia”.

Il Fondo di finanziamento 2016

Con gli interventi previsti nella legge di stabilità, le risorse restano stabili, per un totale di 6,9 miliardi. Con il decreto FFO 2016 il Programma Nazionale per la Ricerca presentato lo scorso lunedì entra subito nel vivo. Rispetto al 2015, aumentano gli stanziamenti – da 122,9 milioni a oltre 135 – per i dottorati e le borse post lauream. In particolare, il 60% del budget dovrà essere utilizzato dagli atenei nel rispetto delle priorità del PNR. Così come, sempre in linea con il PNR, il 10% dei 59 milioni del Fondo Giovani dovrà servire ad incentivare la mobilità internazionale dei dottorandi. Sono confermati i 5 milioni per il bando Montalcini, destinato al rientro di studiosi dall’estero. Viene poi rinnovato un significativo cofinanziamento (10 milioni di euro) per chiamate dirette, nuovi ricercatori di tipo B e incentivi alla mobilità dei docenti.

La Programmazione triennale

Sono le Linee di sviluppo che consentono agli atenei di adottare un loro piano strategico sulla base degli obiettivi di sistema previsti per i prossimi tre anni.

Fra le priorità, il miglioramento dei risultati conseguiti nella programmazione 2013-2015 su azioni come l’orientamento in ingresso e in itinere degli studenti e l’internazionalizzazione dell’offerta formativa. Ma anche la modernizzazione degli ambienti di studio e ricerca e l’innovazione delle metodologie didattiche.

Altra novità è la combinazione tra specializzazione dell’ateneo e quota premiale del Fondo Ordinario. Ciascuna università potrà farsi valutare in relazione alla propria strategia di sviluppo: a partire dal 2017 il 20% della quota premiale dell’FFO verrà ripartita sulla base di indicatori individuati dalle stesse università, da scegliere in un paniere proposto dal Ministero che include indicatori per la ricerca, la didattica e l’internazionalizzazione. A ciascun ateneo sarà richiesto, entro la fine del 2016, di identificare i propri indicatori. Gli atenei saranno poi misurati sia sui risultati acquisiti in ciascun ambito strategico, sia sui miglioramenti ottenuti con cadenza annuale.

Infine, per rafforzare la dimensione internazionale dell’offerta, l’occupabilità degli studenti e la sperimentazione didattica, il decreto rende più flessibile l’organizzazione dell’offerta formativa consentendo alle Università di caratterizzare maggiormente i percorsi di studio




VQR: le possibili illegittimità dei prelievi coatti

Allego, a riguardo dei “prelievi forzosi” recentementi effettuati da vari Rettori, una lettera di diffida inviata dal ricercatore F. Strata al proprio Rettore (Uniparma).

Magnifico Rettore Prof. Borghi, Ill.mo Prorettore Prof. Brighenti,

Dopo un attento esame della documentazione da Voi inviata in data 1 marzo 2016, ore 16:18, prendendo atto delle decisioni del CdA e del SA dell’Università di Parma ed in seguito all’incontro del 4 marzo 2016, ore 9:00, organizzato dal Magnifico Rettore, e constatato che le divergenze di origine sulle questioni del prelievo coatto sono rimaste invariate e soprattutto preso atto che l’azione di prelievo coatto e’ iniziata in anticipo rispetto alle scadenze prefissate, ritengo doveroso inviarVi una sintetica risposta ad alcune delle argomentazioni, con un linguaggio semplice e cercando di evitare considerazioni sulle modalità di questa propagandata decisione/azione, riservandomi il diritto di aggiungere ulteriori argomentazioni qualora se ne ravvisasse la necessità.

A pagina 6 dell’Allegato 3, punto 5, paragrafo 5 si riporta “Se è poi vero che, come si accennava, il prodotto della ricerca in linea di principio appartiene al suo autore, è altrettanto vero che il medesimo non è affatto in tutto e per tutto equiparabile a una normale opera intellettuale, se non altro perché è realizzato da dipendenti pubblici (pagati anche per questo) e sfruttando risorse materiali e organizzative anche dell’Ateneo.”

Ricordando che in accordo con l’Art. 12 L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera. Ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati da questa legge, ed in particolare con l’esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti. È considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto di utilizzazione.

Si fa presente che l’art. 29 della citata legge 633 dichiara “Per le comunicazioni e le memorie pubblicate dalle accademie e dagli altri enti pubblici culturali tale durata è ridotta a due anni; trascorsi i quali, l’autore riprende integralmente la libera disponibilità dei suoi scritti.

Una prima regolamentazione dei suddetti interessi è contenuta nell’art.11, secondo comma, l.a., che attribuisce proprio alle università i diritti d’autore sulle raccolte degli atti o delle pubblicazioni realizzate a loro nome e spese. È fatto salvo, in ogni caso, un diverso accordo con gli autori delle opere pubblicate. Va, peraltro, evidenziato che la norma in parola deve essere coordinata con quanto previsto dall’art. 29 l.a., il quale, a questo proposito, prevede due distinte situazioni. Nel caso di atti e pubblicazioni che concernono la normale vita dell’ente (comunicazioni sull’andamento dell’attività, relazioni su certi risultati conseguiti collettivamente, resoconti di congressi), i diritti, morali e patrimoniali, di quest’ultimo si protraggono per un periodo di vent’anni dalla prima pubblicazione. Qualora, diversamente, l’università curi, a proprie spese, la pubblicazione di opere dell’ingegno create autonomamente da soggetti aderenti alla stessa – e, quindi, in primo luogo, da ricercatori e docenti da quest’ultima dipendenti – l’art. 29 prevede che i relativi diritti patrimoniali rimangano in capo all’ente per soli due anni «trascorsi i quali, l’autore riprende integralmente la libera disponibilità dei suoi scritti». Quest’ultima previsione trova applicazione soltanto nel caso in cui l’ente di appartenenza curi la pubblicazione e ne sostenga le spese: diversamente, la titolarità dei diritti derivanti dall’opera dell’ingegno prodotta dal dipendente rimane in capo a quest’ultimo. Il combinato disposto delle norme in parola dimostra che l’attribuzione della titolarità in favore delle università delle opere di carattere «umanistico» si realizza unicamente in presenza della duplice condizione sopra richiamata (pubblicazione a cura e a spese dell’università), senza che basti – per gli

atti o per le pubblicazioni, ossia, sostanzialmente, per opere letterarie, scientifiche, visive o musicali – un rapporto di lavoro subordinato dell’autore con l’ateneo stesso.

Dal momento che la legge prevede sanzioni di natura civile, penale ed amministrativa, in caso di violazione del diritto d’autore, lo scrivente ritiene opportuno doversi attivare in modo da salvaguardare il Magnifico Rettore, il CdA, il SA e gli esecutori materiali del provvedimento, Ing. Panciroli e Sig. Panella Marco, dal rischio di incorrere in azioni legali da parte degli autori, diffidandoli dall’utilizzare qualsiasi prodotto della ricerca senza il consenso scritto di chi ne possiede la proprietà intellettuale stabilita dalla stessa legge all’art.2, comma 1.

In risposta a quanto riportato a pagina 8, punto 7., “È appena il caso di notare, per concludere, che, qualora si ritenesse sussistente il potere dell’Università di agire in via sostitutiva nei termini testé precisati, le relative condotte personali non potrebbero assumere rilevanza penale: un comportamento non può essere lecito e tuttavia esporre al tempo stesso l’autore a conseguenze di ordine penale; né, per così dire a monte, paiono inquadrabili in schemi tipici di figure di reato condotte che si limitino all’indicazione ex officio dei prodotti da presentare ai fini della VQR, purché ovviamente nel rispetto delle normative di settore (in tema di trattamento dei dati, di diritto d’autore, di marchi e brevetti, ecc.).” preme far notare che la possibile illegittimità di tale prelievo forzoso non risiede solo nella violazione del diritto d’autore, ma anche della Legge 300/70 art. 2 e 3. Dato che nel caso specifico l’obiettivo del prelievo forzato coincide, come dichiarato, con la tutela del patrimonio aziendale, l’esecutore di tale azione può essere comparato ad una guardia giurata o personale di vigilanza. Ma in virtù dell’art. 3 “i nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa debbono essere comunicati ai lavoratori interessati“. Dal momento che non vi è stata comunicazione né di nominativi né di mansioni specifiche, gli esecutori materiali di tale azione coercitiva, nella persona dell’Ing. Panciroli e Sig. Panella Marco in primis e di chiunque partecipi a questa operazione, devono essere considerate in violazione di tale normativa con possibili conseguenze sulla normativa del lavoro.

Si conclude facendo presente che, nonostante i solleciti dello scrivente, a seguito del ritardo (omissione d’atto d’ufficio?) con cui il prorettore alla Ricerca, Prof. Furio Brighenti, ha fornito i documenti relativi alle decisioni del CdA e del SA ed alla consulenza del servizio legale di ateneo, con conseguente limitazione dei tempi di risposta da parte della controparte affetta da tale decisione, lo scrivente si riserva in primis il diritto di evidenziare il comportamento deontologicamente scorretto di chi ha posto in essere questo atto coercitivo evasivo dei valori di LEGALITÀ, LEALTÀ e SOLIDARIETÀ cui è improntato il Codice Etico dell’Università di Parma.

Lo scrivente si riserva inoltre il diritto di evidenziare un’ulteriore serie di anomalie che potrebbero rappresentare delle violazioni alla legge 300/70 Statuto dei diritti del lavoratore e delle normative relative al Phishing (un illecito sia civile che penale).

Nel rispetto di una leale collaborazione tra colleghi che dovrebbero solidarizzare con chi agisce nell’interesse di tutti, nella volontà di fare quanto possibile per salvaguardare gli interessi degli studenti e dell’Ateneo, ma soprattutto di coloro che l’Università la fanno, i docenti, e che le danno lustro e fama internazionale, i ricercatori, e soprattutto con la più grande volontà di evitare aule di

tribunali trascinando annose ed inutili cause, si chiede di riaprire un dialogo con il chiaro intento di perseguire un obiettivo comune: un’università migliore per la ricerca e gli studenti.

In fede, Parma li, 6 marzo 2016

Fabrizio Strata




Graziosi (ANVUR): «sistema alla deriva, sono decuplicati i docenti»

«Questo sistema – questo io lo dico senza tema di smentita – è andato alla deriva, a partire dagli anni ’70-’80, proprio perché non è stata governata la sua espansione. […] Sono aumentate le università, sono decuplicati i docenti, ad un certo punto, grosso modo». A dire queste parole è stato il Vicepresidente dell’ANVUR, Andrea Graziosi. Ma cosa dicono veramente i numeri? L’Archivio della statistica italiana, sul sito dell’Istat, dice che dal 1961/62 al 1996/1997, i docenti sono passati da 27.578 a 60.468. Un po’ più che raddoppiati, ma per nulla decuplicati. Negli stessi anni, gli studenti iscritti erano cresciuti di otto volte. A chi si meravigliasse che la tesi della decuplicazione sia uscita dalla bocca di chi occupa un ruolo così qualificato e ben retribuito (178.500 Euro all’annuo), facciamo notare che nel frattempo Graziosi ha lasciato la Vicepresidenza dell’Anvur. Infatti, dal 2 maggio scorso, Andrea Graziosi è Presidente dell’ANVUR e guadagnerà 210.000 Euro all’anno. LEGGI l’articolo!




Per un pugno di dollari

Ramón: «”Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto”. È un vecchio proverbio messicano.» ANVUR 2016: «Viste le statistiche relative al conferimento dei prodotti alla VQR 2011-2014, l’ANVUR si complimenta con la comunità accademica italiana. L’adesione delle università all’esercizio di valutazione permetterà all’Agenzia di procedere con l’esercizio di valutazione e di generare nei tempi dovuti la seconda istantanea dello stato della ricerca italiana.» I capolavori sono tali perché ci parlano anche al di là delle stesse intenzioni del loro autore. Sergio Leone non poteva immaginarlo, ma “Per un pugno di dollari”, il primo film della “trilogia del dollaro”, offre un’insolita ma illuminante chiave di lettura per interpretare articoli e dichiarazioni recenti che riguardano l’Università.Leggi il resto dell’articolo (di Nicola Casagli)




Andrea Graziosi è il nuovo presidente ANVUR

Si apre per ANVUR la “fase due”: Andrea Graziosi subentra come nuovo presidente a Stefano Fantoni, giunto al termine del mandato. Un giusto riconoscimento per chi, più di ogni altro, si è distinto per solerzia e fedeltà alla causa. Solerte al punto di scriversi da solo un appello a favore della “mediana di qualità” per poi citarlo sul Sole 24 Ore (senza menzionare di esserne l’autore) come dimostrazione del consenso dal basso proveniente in modo apparentemente spontaneo da “circa 20 società scientifiche”. Peccato che si fosse scordato di cancellare le sue “impronte digitali”: bastava un semplice esame delle proprietà del file contenente l’appello per scoprire che l’autore di quell’appello spontaneo (si fa per dire) era il Presidente del GEV 11, Andrea Graziosi. Una carriera quella di Graziosi che può ben dirsi “di Lotta e di governo”. Se da giovane era iscritto a Lotta Continua, non è sceso dalle barricate nemmeno ora che ricopre ruoli istituzionali. L’episodio più recente risale a pochi mesi fa quando, nelle vesti di vice-presidente ANVUR, si è messo a raccogliere firme presso le società scientifiche per bacchettare il Presidente del Consiglio, colpevole di non finanziare adeguatamente la ricerca. LEGGI l’articolo completo.




Rapporto tra personale TA e Docenti nelle Università

Riporto un articolo molto interessante che contiene una tabella con il rapporto tra personale TA e numero di docenti nelle varie università italiane. Si tratta fra l’altro di una smentita ad alcune “strane” affermazioni di Daniele Checchi, membro del consiglio direttivo ANVUR. LEGGI




Rettore di Parma: «Scateneremo l’inferno». 300 docenti lo prendono in parola e chiedono dimissioni del direttivo ANVUR

«Pretendiamo sei cose … se ciò non avverrà, scateneremo l’inferno!!!». Così aveva scritto il Rettore di Parma, Loris Borghi, nella slide finale della sua Lezione accademica speciale, tenuta in occasione della primavera dell’università (21/03/2016). A sottolineare la risolutezza del proposito – oltre ai tre punti esclamativi – una scena di combattimento presa dal Gladiatore di Ridley Scott. Non essendo avvenuto nulla di quanto richiesto, trecento docenti dell’ateneo parmense hanno preso in parola il loro Rettore, sottoscrivendo una lettera con la richiesta di dimissioni del Consiglio Direttivo dell’ANVUR, [da ROARS]. Nell’elenco dei firmatari non compare Loris Borghi.




Il Programma Nazionale per la Ricerca e considerazioni

Il programma e le slides di presentazione sono qui; riporto anche alcune considerazioni apparse sul Il Fatto Quotidiano.




ANVUR: il Sud? Si è suicidato. La cura? Più serie B, meno Giurisprudenza e Medicina. Lì non servono.

«E, siccome il Sud, come ho scritto nel titolo, a mio parere, si è suicidato, non è stato ucciso, allora il problema è che per poter creare una base di discussione che sia, tra virgolette, “accettabile” al resto del paese, occorre chiarire i meccanismi di accountability. Perché il paese può fare un investimento compensativo al Sud, visto che non può uccidere i docenti inattivi che sono presenti nelle università del Sud e rimpiazzarli con docenti nuovi freschi. […]  Marino [Regini] suggeriva la differenziazione tra orientamento professionalizzante e orientamento di tipo generalista – ma uno può anche dire: “al Sud basta facoltà di Giurisprudenza” con rispetto ai colleghi eventualmente presenti che siano laureati in Giurisprudenza in università del Sud. Perché è un input produttivo che non serve, non serve a quella regione lí. E quindi uno dice: “chiudo dei corsi, li chiudo d’autorità, sposto il personale da altre parti perché invece voglio promuovere degli altri corsi”. E via di questo passo», come spiegato dalla slide che, oltre ad auspicare per il Meridione «più corsi professionalizzanti e meno corsi di giurisprudenza» dice anche «più beni culturali e meno medicina». A parlare così è l’ANVUR per bocca di uno dei suoi consiglieri, Daniele Checchi, che non brilla per rigore quando usa gli indicatori di velocità negli studi a sostegno della tesi del suicidio del Sud. «La letteratura corrente, che io ho letto – a differenza di Daniele che la scrive con grandissima qualità – mi pare suggerisca anche che la velocità alla laurea dipende dal bagaglio di competenze che uno si porta dal liceo» gli fa notare Gianfranco Viesti. Il quale, oltre a pizzicarlo su un altro paio di punti, descrive punto per punto i meccanismi per nulla meritocratici attraverso i quali non solo si è ampliato il divario tra Nord e Sud, ma – cosa che non è successa in alcun paese – si è ridotta l’intera università italiana del 20% nel giro di otto anni, «una delle peggiori politiche pubbliche fatte in questo paese». LEGGI l’articolo




Una proposta dal CUN

Allego il link ad una proposta da parte del CUN relativa alla “manutenzione” della legge 240. LEGGI