Una lettera ai sostenitori della VQR

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Riporto il testo di una lettera inviata da un membro di un Dipartimento di UNIFI ai Colleghi che si sono espressi a favore della VQR:

Cara/o ….,
ho letto della tua decisione di aderire alla VQR e, per la stima che ti porto, mi sento di doverti rispondere.
Aderire alla VQR non è un nostro dovere. Non sta scritto da nessuna parte. Aderire alla VQR è una libera scelta che si compie da persone libere se si crede nella validità di questo sistema di valutazione e se si ritiene che questo sia inserito in un percorso viirtuoso di premialità. Purtroppo non è così. Ormai è acclarato che il sistema di valutazione VQR è solo un delirio di algoritmi in costante cambiamento inadeguati a ottenere una valutazione seria e attendibile, partoriti da ingegneri febbricitanti all’interno di un organismo, l’ANVUR che costa fior di milioni che potrebbero essere meglio spesi finanziando di più un sistema, quello universitario, già ai primi posti nel mondo per produttività. Come vedi, la questione non è la valutazione (anche se il nostro è l’unico comparto del pubblico impiego a essere valutato, peraltro solo in una delle nostre “mission”, la ricerca, mentre della didattica non si parla, un’ulteriore distorsione che si infligge al sistema). La così detta premialità è poi un’altra presa per il bavero. Si premia con risorse aggiuntive, non distraendo risorse che per oltre il 90% sono dedicate al pagamento degli stipendi. In realtà non si premia, si evita di penalizzare ulteriormente un organismo già spossato.
Queste considerazioni non sono secondarie perché vanno al cuore del problema. Quale è il ruolo che la classe dirigente di questo paese e il potere politico che la rappresenta intendono assegnare al sistema dell’istruzione superiore pubblica nell’Italia del futuro? La discriminazione stipendiale (unica in questi termini nel pubblico impiego); il delirante sistema di valutazione; la perdurante penalizzazione del sistema universitario, decurtato negli ultimi anni per oltre il 20% sia in termini di FFO che di turnover, la pecentuale più alta in tutta la pubblica amministrazione; l’investimento per 1,5 miliardi in dieci anni da assegnare alla gestione dell’IIT (un organismo che non è sotto il controllo del MIUR) per il parco scientifico che sorgerà sull’EXPO; il reclutamento di almeno 500 superprofessori con stato giuridico e retribuzione superiori a quelli dei docenti universitari “normali”; il grave attacco al diritto allo studio con grave danno per gli studenti meno abbienti, confermato e aggravato dalle nuove norme, molto più restrittive, dell’ISEE, con ulteriore blocco del così detto “ascensore sociale” che prevede in futuro un numero sempre minore di laureati; la crisi profonda in cui versano molte università del sud … e potrei continuare, sono tutti chiari segni di dove stiamo andando. E a fonte di tutto questo mi si viene a dire che è un dovere fare la VQR per evitare di danneggiare il dipartimento e il futuro dei giovani! Ma stiamo scherzando? Sono considerazioni talmente miopi all’interno del quadro che ti ho descritto che si commentano da sole. Quanto ai giovani, converrebbe piuttosto chiedersi in quale università e con quale ruolo si troveranno a vivere nel futuro.

Ecco, il movimento nato e che sta crescendo in tutta Italia a partire dalle rivendicazioni legate al blocco degli scatti si sta ponendo queste questioni. Chi è pregiudizialmente contrario al blocco  della VQR può sinceramente dire di fare altrettanto? Può sinceramente essere convinto di star decidendo per il bene dell’università?

Spero di non essere stato troppo lungo. Non intendo convincere nessuno, però nessuno mi ha ancora portato validi argomenti che smontino in modo convincente le considerazioni appena fatte e che giustifichino la partecipazione alla VQR come una scelta consapevole e matura

Cari saluti

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