Considerazioni sulla VQR

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Contro tutto e contro tutti, la protesta #stopVQR non si è sciolta ed è riuscita a mantenere dimensioni tali da mettere in discussione l’esercizio di valutazione. Per mascherare l’impasse, l’ANVUR gioca d’anticipo e canta vittoria, fingendo che sia stato una specie di sereno referendum sulle sue procedure di valutazione, ma quello che abbiamo visto assomigliava di più alle finzioni elettorali degli stati di polizia, dove se non vai a votare il candidato unico sai che finirai nel libro nero. L’istantanea della ricerca di cui parla il comunicato ANVUR nasce già sfocata ed è una foto di classe che lascia fuori campo un bel pezzo di Pisa. Punire l’ateneo pisano per scarsa obbedienza  è utile per il paese? E come si farà allora a giustificare l’uso della VQR per le future ripartizioni?

Grazie a caricamenti coatti, pressioni e intimidazioni la percentuale di astensione è risultata inferiore alla soglia psicologica del 10%. Legittimo rammaricarsi, ma non c’è motivo di innescare litanie di recriminazioni e rimproveri reciproci. Come testimonia questo estratto di delibera di un Senato Accademico, alcune astensioni, a volte di pochi punti percentuali, sono indice di una resistenza che sfiora l’eroismo:

DeliberaSAMa la ragione più forte per non piangersi addosso è che la compattezza e il coraggio di alcune sedi – Salento, Napoli Parthenope e Pisa tra tutte – sono riuscite a incastrare un bel sasso negli ingranaggi della VQR. L’istantanea della ricerca di cui parla il comunicato ANVUR nasce già sfocata ed è una foto di classe che lascia fuori campo un bel pezzo di Pisa. Punire l’ateneo pisano per scarsa obbedienza  è utile per il paese? E come si farà allora a giustificare l’uso della VQR per le future ripartizioni?

Contro tutto e contro tutti, la protesta non si è sciolta ed è riuscita a mantenere dimensioni tali da mettere in discussione l’esercizio di valutazione. Per mascherare l’impasse, l’ANVUR gioca d’anticipo e canta vittoria, fingendo che sia stato una specie di sereno referendum sulle sue procedure di valutazione, ma quello che abbiamo visto assomigliava di più alle finzioni elettorali degli stati di polizia, dove se non vai a votare il candidato unico sai che finirai nel libro nero o peggio.

Quindi, tanto di cappello alle migliaia di colleghi che hanno resistito (una novità per l’università italiana). Chi non ce l’ha fatta a resistere, può ancora giocare un ruolo decisivo. Le sedi, i dipartimenti e i colleghi rimasti sulla barricata non devono essere lasciati soli. Hanno mostrato che si può dire no a CRUI e ANVUR. Non era mai successo in modo così ampio e trasversale tra le diverse fasce di docenza.

In queste Termopili accademiche, la CRUI, l’ANVUR e i suoi “Immortali” (in una prima stesura, per un imperdonabile refuso, avevamo scordato la “t”, forse influenzati da un recente programma televisivo) hanno trovato pane per i loro denti grazie a quei 3.000 (invece di 300) che, incuranti del rapporto di forze, hanno osato sbarrare loro il passo.

Chi ha letto Erodoto sa che dopo le Termopili, venne la battaglia di Platea. E qui non si può fare a meno di elogiare la lungimiranza di chi ha voluto inserire uno storico nel direttivo ANVUR. Infatti, chi meglio di lui potrebbe mettere in guardia gli altri consiglieri sui corsi e i ricorsi della storia?

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